Oggi vi facciamo sognare attraverso le parole di Laura Zampieri, una grande viaggiatrice che ci parla della sua ultima esperienza: un emozionante e particolare tour dell’Etiopia, vissuto in maniera molto speciale!

“L’Etiopia, nello specifico la Valle dell’Omo, per noi è stata una grandissima sorpresa; non è molto conosciuta come meta turistica, ma ha un grandissimo potenziale. L’incontro, quasi casuale, con Emany, ci ha permesso di toccare delle realtà incontaminate che probabilmente, con tour operator più organizzati, non sono raggiungibili. Siamo stati in contatto con varie tribù, abbiamo condiviso momenti di festa e momenti di quotidianità con loro, dalla cerimonia del caffè e del miele nelle capanne agli abbracci dei bambini: è stato davvero emozionante e ancor più lo è stato scoprire che per alcune persone siamo stati i primi bianchi che incontravano. Questo viaggio ci ha regalato molto dal punto di vista umano, ha avvicinato due realtà agli antipodi….e sicuramente ha lasciato un’impronta indissolubile nel nostro cuore e nella nostra mente.

L’avventura è durata 12 giorni. A bordo di un fuoristrada guidato dal mitico Tesfu, abbiamo raggiunto il sud dell’Etiopia, impiegando circa un giorno e mezzo per uscire da Addis, congestionata dal traffico, e attraversare la zona di Ziway ed Arba Minch (dove abbiamo effettuato una bellissima escursione in barca sul lago Chamo per ammirare aironi, fenicotteri, pellicani, tanti coccodrilli e qualche ippopotamo).

Il primo assaggio tribale è stato molto forte; dopo aver attraversato chilometri di savana con un ragazzo della tribù dei Banna, munito di machete per farci strada tra gli arbusti, abbiamo raggiunto un piccolo promontorio dove si è svolta la cerimonia del Bull Jumping, iniziazione dei giovani uomini.

Accolti dagli anziani che ci hanno fatti accomodare su una pelle di mucca, ci è stato offerto del Bunna ricavato dalle bucce dei grani di caffè in una specie di zucca scavata, il tutto accompagnato da dell’ottimo miele non filtrato (contenente celle e api, da mangiare con le mani: non abbiamo mai visto le posate per tutto il viaggio). L’incontro con le persone del luogo è stato bellissimo: a dire di Emany, siamo stati i primi bianchi a mettere piede in quel luogo e quindi siamo stati praticamente “esaminati” da coloro che per la prima volta toccavano dei capelli lisci e una pelle bianca. Noi ci siamo stupiti per le acconciature in argilla colorata degli uomini con piume e antenne incastrate, per i maschi che portano mollette, perline o maglie femminili, per le ragazze che girano a seno nudo col fucile in spalla e una pelle di capra in vita, con treccine impastate con argilla rossa e rasature strane. Loro sono rimasti sbalorditi per le unghie colorate, i tatuaggi e i piercing.

La cerimonia, alla quale siamo riusciti ad assistere più di una volta nel corso del viaggio, comincia con i balli e canti delle donne che durano tutto il giorno, fino a quando si scoprono la schiena e fanno a gara per farsi frustare. Le cicatrici permanenti sono considerate segno di bellezza. Seguono le danze degli uomini, che poi mettono in riga una ventina di tori che il festeggiato, completamente nudo, deve saltare per 4 volte.

Nel corso del nostro tour abbiamo toccato varie realtà tribali, dagli Hammer ai Banna, dai Karo ai Mursi e siamo sempre stati accolti con molta curiosità ma anche con molto calore, riuscendo, grazie al savoir-faire della nostra guida, ad integrarci con la gente del luogo e a condividere momenti di convivialità. Abbiamo trascorso quasi sempre la notte in una tenda piantata tra le capanne, dormendo con gli agnellini che belavano, gli oranghi che urlavano, il vento forte che sembrava portarci via, la pioggia e il sussurro dei bambini curiosi che sbirciavano all’interno: ogni notte è stata particolare! Al mattino siamo sempre stati accolti in qualche capanna per un caffè tutti assieme, magari accompagnato da dell’ottimo miele seduti attorno al fuoco e alla sera non è mai mancata una fantastica injera, servita in sacchetto di plastica e mangiata rigorosamente con le mani. L’injera è un piatto tipico, un “piatto che si mangia”, ovvero una specie di piadina spugnosa con sopra salse o carne o pesce. Se ne strappa un pezzo alla volta col quale si preleva il condimento interno, ma essendo spugnosa e fragile, in poco tempo diventa una “piadina strapazzata”.

Al nostro arrivo nei vari villaggi (che tante volte sono costituiti da 2/3 capanne) siamo sempre stati accerchiati inizialmente dai bambini, ai quali abbiamo regalato caramelle e vestitini in cambio di abbracci; superato il timore iniziale, siamo stati avvicinati anche dagli adulti, abbiamo insegnato loro come usare bagnoschiuma, spazzolino e deodorante mentre loro ci hanno fatto vedere come acconciare i capelli con l’argilla e tagliarli con una lama e una pietra. Non abbiamo mai avuto la sensazione che le persone stessero particolarmente male, probabilmente perché la valle dell’Omo di trova su un altopiano, di conseguenza le temperature non sono mai eccessive e non c’è la densità di abitanti e la sporcizia che si osserva in altri paesi del terzo mondo; le condizioni di vita sono comunque lontanissime da quelle a cui siamo abituati; lungo le strade c’è un fiume continuo di persone che vanno a prendere l’acqua con pesanti taniche gialle o che raggiungono con le loro capre il mercato settimanale, percorrendo quotidianamente decine di chilometri. Nelle tribù, ma anche nei paesi di piccole ì dimensioni non ci sono acqua e corrente nelle abitazioni, tanto che per ricaricare i cellulari (quasi tutti hanno un cellulare) al mercato c’è la possibilità di collegarsi a dei generatori. Molti bambini sono completamente nudi anche se la sera fa freddino, camminano scalzi o con scarpe ricavate da copertoni e la gente non sa esattamente la propria età.

Consiglio vivamente questo viaggio e sicuramente la guida di Emany…con cui è nata una bellissima amicizia! Guarderete il mondo con occhi diversi al vostro ritorno!

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