Niente pancake, faccio la brava. Ma mangio un croissant di dimensioni giganti, (quindi potevo tranquillamente scegliere per gli altri e sognarli per i giorni in cui sarò in Italia) e mi preparo alla giornata alternativa che stiamo per affrontare.
A St. Martin, oltre a stare al mare, rigirarsi più volte sul lettino, leggere libri e libri, fare il bagno e farsi coccolare dalle onde di certe spiagge, non c’è molto altro da fare, tranne una cosa. Una cosa che ci è stata consigliata, anche in questo caso dai nostri consiglieri di fiducia, Cristian e Joel. Questa cosa si chiama Lotery Farm e anche se ha un sito, saprete cosa affronterete solo nel momento in cui sarà troppo tardi per dire di no.
Lotery Farm è una struttura shabby chic che si trova vicino a Pic du Paradis, la montagna più alta di St. Martin. Shabby chic perchè i proprietari hanno costruito attorno ad una piscina delle bellissime tende, chiamate cabanas dove ci si rilassa in lettoni di dimensioni extra large, deliziati da cocktail alla frutta, facendo un tuffo quando se ne sente il bisogno. Tuttavia, la vera attrattiva di Lotery Farm non è certo questa: il mare di St. Martin è molto bello quindi non vale la pena restare tutto il giorno in piscina dove l’entrata cosa 20 Euro a persona. Questo posticino immerso nella natura è famoso per il percorso tra gli alberi che dovremo scalare e raggiungere da soli. Chiediamo spiegazioni alla ragazza che si trova alla reception ma lei ci liquida in poche parole, senza darci molti dettagli. “Se non proviamo, non sapremo mai di cosa si tratta”, -e un po’ titubanti, temendo che si tratti di un’attività adatta ai bambini ma non ai grandi, paghiamo i 35 Euro a persona di biglietto ed entriamo.
Avevamo letto sul sito che è necessario avere scarpe chiuse e un abbigliamento comodo, che permetta di muoversi con agilità. Un ragazzo super palestrato ci attende al baracchino in legno che nasconde tutta l’attrezzatura necessaria: alla prima occasione mostra le mosse tipiche di bodybuilding facendo sorridere tutti noi in attesa; assieme a noi ci sono una famiglia americana con mamma fighissima alta 1,80, bionda, atletica e che fa la sua figura anche in versione sportiva, accompagnata da marito oversize che si limita a fare le foto e 3 figli, anche loro pronti ad affrontare l’avventura tra gli alberi. Poi ci seguono un gruppetto di bambini francesi di 8/10 anni e un’altra famiglia con due genitori non troppo in forma e due bambine.
L’imbracatura ci viene passata attorno alle gambe e sulla vita: a questa sono attaccati due moschettoni ed una carrucola. La regola fondamentale, ci spiega la guida, è che almeno un moschettone deve essere sempre attaccato al cavo d’acciaio che dobbiamo seguire. Noi siamo ancora titubanti perchè siamo sotto questo albero, dove inizia il percorso e vediamo altri che vagano sopra le nostre teste, ma non ci rendiamo bene conto di cosa si tratti. Sembra facile. La guida passa davanti e ci mostra come sganciare e agganciare i moschettoni sui passanti accanto alla scala. Si sale la scala e arrivati alla piattaforma sull’albero, la guida ci attende sul lato opposto: davanti a noi, a circa 4 metri da terra, c’ è una passerella da percorrere, che fin da subito ci fa capire che ci divertiremo.
Arrivati sul lato opposto, c’è la guida che ci spiega come agganciare la carrucola sul filo e come frenare con il guanto che abbiamo nella mano destra. Ready? Yes! E per prima mi lancio io: non si tratta di una sensazione come quella provata con il volo dell’angelo in Valtellina, dove l’altezza è notevole ma che termina dopo poco: qui il percorso dura circa un’ora e se non si soffre di vertigini, il divertimento va oltre le aspettative. Ci si sente infatti dei piccoli Indiana Jones che devono attraversare tutta la giungla, armati solo di due moschettoni ed una carrucola: siamo infatti da soli! Si cammina sulle travi larghe 15 cm, su assi di legno che si muovono, ci si aggrappa agli alberi sbattendo sulla gommapiuma messa a protezione; in certi tratti si cammina su un filo proprio come dei funamboli: la guida passa ogni tanto sotto di noi, a terra, per sapere se va tutto bene ma in realtà, il percorso lo affrontiamo da soli; prima di lanciarmi da una parte all’altra degli alberi, cerco conforto negli occhi di Ale per capire se ho agganciato bene la carrucola: non mi sembra il caso di sbagliare proprio adesso! Si torna bambini e ci si emoziona raggiungendo il passo successivo, cercando di capire dove dobbiamo attaccare il moschettone seguente e affrontando le piccole sfide che ci attendono.
Avevamo il telefono con noi per fare le foto ma si trovava bloccato dall’imbracatura e temendo di fermare il resto del gruppo, ci siamo goduti questa esperienza senza scattarci foto. Bisogna infatti prestare la massima attenzione mentre siamo sulle piattaforme perchè lo spazio in cui stare è stretto e non è opportuno perdere tempo con telefono o macchina fotografica in mano: ci voleva un casco ed una GoPro!
Terminato il percorso siamo sudati e assetati: la piscina è molto bella, ma il mare ci attira molto di più perciò dopo aver preso una bottiglia d’acqua, ci siamo spostati nella vicina Friar’s Bay a pochi minuti di distanza. Friar’s Bay ha due accessi: quello principale è segnalato dai cartelli e si arriva alla spiaggia libera, quello secondario si nota perchè ci sono le indicazioni del Friar’s Bay Beach Cafè ma in questo caso è bene passarci solo se pensate di pranzare qui: il parcheggio infatti è riservato ai clienti e temiamo che in alta stagione si riempia facilmente. Questa volta abbiamo preso la strada secondaria e questo ci ha permesso di vedere una notevole quantità di iguane. Sì, qui a St. Martin ci sono le iguane, tante iguane! Le prime le abbiamo viste al Westin, poi abbiamo notato che nei bordi delle strade se ne vedono molte: ma quanto sono strani questi animali?
Il tempo oggi è più bello e nonostante ci siano un po’ di sassi scuri sul bagnasciuga, questa baia è affascinante. Gli ombrelloni costano 3$ ciascuno se pranzate al chioschetto fighetto (dove si mangia davvero bene) mentre se preferite la cucina caraibica, accanto trovate il suo competitor!
Dopo una doccia all’Oyster Bay Beach Resort, dove l’atmosfera è sempre allegra in ogni momento del giorno e della notte, usciamo fuori a cena: passando in macchina da Oyster Pond, il paesino in cui si trova il resort, abbiamo visto un ristorantino che ci attira e decidiamo di provarlo. Si chiama BZH ed è aperto da colazione fino a cena; pochi tavoli, cucina a base di crepes dolci e salate ma anche di ottima carne: si è rivelata una delle scelte migliori della vacanza, sia per la qualità dei piatti che per il costo della cena!
Link utili: Noleggio Auto St. Martin: Next Level Car Rental – Westin Dawn Beach Resort – Solari Collistar – Solari L’Erbolario – Oyster Bay Beach Resort