Mi sveglio pensando ancora al tortino al cioccolato ripieno di banana di ieri sera. Uno di quei piatti che non si dimentica facilmente. Riuscirò mai a corrompere la chef dell’hotel Le Toiny per avere una pseudo ricetta? Tenterò, nel frattempo cerco di ricordare e di riassaporare quel dolce da urlo. Facciamo colazione discutendo su dove andare oggi: la prima destinazione è chiamata “le piscine”, l’altra è Colombier. Sono ai poli opposti dell’isola e dato che ci restano solo 2 giorni, saranno gli ultimi ricordi da portare a casa con noi.
Grazie ai preziosi consigli di Silvia, la ragazza italiana che lavora in hotel, raggiungiamo senza difficoltà il punto di inizio per arrivare alle Piscine. Abbiamo deciso per queste: vedendo qualche foto su Instagram siamo sempre più convinti di passare qualche ora in questo luogo da sogno anche se non sappiamo quanto sarà duro il percorso da affrontare per arrivarci! “Prima di arrivare a Saline, al bidone a destra parcheggiate, o inventatevi un parcheggio per la strada, poi c’è un sentiero che vi porta in spiaggia. Da lì, tutto a destra, fino ai primi scogli e da lì good luck, salite e seguite le orme di chi c’è passato prima di voi” – questo è più o meno quello che ci ha detto per arrivare a destinazione!
Il percorso è stato divertente e in certi tratti mozzafiato. Non dovevamo guardare giù in un paio di punti in cui c’era molto dirupo e poca roccia su cui fare affidamento ma è un tragitto tutto sommato facile. Ci vogliono circa 20 minuti per arrivare a destinazione e il forte vento che tirava ci ha salvati dal sole cocente che batteva forte sulle nostre facce. In maniera preventiva una spalmata di crema l’avevo data sulla faccia e sulle braccia ed è stata utile; io indossavo le all star e non ho avuto problemi, Ale il temerario invece con le Hawaianas in un paio di punti ha rischiato di cadere e non sarebbe stato un bel momento.
Questa zona è definita Le Piscine perché c’è un’insenatura naturale, protetta dagli scogli dove entra l’acqua del mare e che crea un effetto vasca da bagno gigante che attira qualche viaggiatore avventuroso, che magari ha chiesto ai locali dove fossero le spiagge più belle da vedere. Successivamente però ci siamo chiesti se ci siano più piscine in quella zona, dato che abbiamo visto altre foto che rappresentano zone simili (e forse pure più belle di quelle che abbiamo visto noi). In questo periodo dell’anno non c’è molta acqua, ma questo non ci ha impedito di fare un bagno e di scattare tante foto al paesaggio.
Potevamo portarci un po’ di frutta? Sì, potevamo, ma non l’abbiamo fatto e nel tratto di ritorno la fame si è fatta sentire. Era da tempo che non provavo quel senso di mancanza di zuccheri, quel gorgoglio dello stomaco, quella voglia esagerata di mangiare dei carboidrati. Quando hai tanta fame, e hai fatto uno sforzo fisico, non c’è insalatina che tenga, il mio corpo richiede pane o pasta. Essendo in mezzo ai Caraibi, ho escluso immediatamente la pasta, per rifugiarmi in un panino che ha tardato ad arrivare. Abbiamo mangiato a Gustavia, in un bar lungo il porto che ci è piaciuto proprio.
Dopo pranzo abbiamo ripreso la macchina per raggiungere in due minuti la spiaggia di Shell Beach che si trova a pochi passi dal porto della città principale; dopo il fitto sole della mattinata, sono arrivate alcune nuvole che hanno oscurato i colori migliori di questa baia ma che riesce ad essere particolare anche senza il cielo limpido. Quasi tutta la spiaggia è formata da piccole conchiglie che la colorano di un rosa antico con delle sfumature di giallo; se per un verso fanno un po’ male ai piedi e chi ci cammina sopra a piedi nudi si sente un po’ il santone che cammina sui carboni ardenti, dall’altro lato ti regala un suono incomparabile; si tratta del suono prodotto dalle conchiglie che si infrangono sul bagnasciuga, assieme alle onde del mare: proprio quel suono che ogni venditore ambulante vagamente etnico cerca di propinarti a ogni festa paesana, quello strumento tubolare di legno che si gira come una clessidra, per sentirne il suono. A shell beach quel suono è reale e mai uguale. L’ho pure registrato col telefono.
Molti esplorano i fondali con maschera e pinne, noi non li abbiamo portati e ce ne pentiamo un po’. Restiamo in spiaggia fino alle 5, poi ci fermiamo a mangiare una crepe in un bar che avevo visto passando in macchina e ce torniamo in hotel per il consueto appuntamento per l’aperitivo in hotel. Due chiacchere per scoprire la vera vita di St. Barth fanno sempre piacere, ancor più quando dall’altra parte c’è una tua connazionale che ci vive da anni a cui vuoi chiedere un milione di cose.
A cena proviamo un must dell’isola: Eddy’s è un’istituzione di St. Barth e non ci delude; propone una cucina locale ma di ispirazione orientale e il posto è una vera chicca. Si trova a Gustavia e anche qui sono stati preziosi i consigli per arrivarci: è un’anonima porta bianca su una via della città dalla quale si apre un mondo: un mondo fatto di legno e lanterne, di profumi e di spezie, di un giardino raccolto e di un’atmosfera che non ti aspetteresti mai. Aprite quella porta e ne resterete affascinati!
Link utili: Ristorante Hotel Le Toiny –Valigia Samsonite– Autonoleggio St. Barth Turbè Car Rental –