Da settimane Pamela ci sta facendo scoprire il vero Madagascar: se non la conoscete ancora, leggete subito il post in cui ci racconta del suo amore per questo Paese e poi dedicatevi a questo racconto dove ci narra cosa significhi dare alla luce una bambina nella sua seconda terra. 

“Quando Claudia mi ha proposto di scrivere qualcosa d’inedito sul Madagascar, qualcosa di sconosciuto e di curioso mi è subito venuto in mente il periodo della mia gravidanza: la ritualità legata alla “donna incinta” in Madagascar è degna di un libro di antropologia.

Ricordo perfettamente “i Fady”, ovvero i divieti, imposti dalla cultura locale; alle donne incinta ad esempio non è permesso sedersi sulla soglia delle porte, fare pipì nel mezzo di strade e sentieri, mangiare granchi, bere alla bottiglia e ogni divieto ha motivazioni ben precise.

Durante la notte, anche se uscivo dalla nostra casetta di legno per fare la pipì, mio marito mi forniva di Meso (coltello malgascio), Kisaly per coprire la pancia (un indumento tipico malgascio, una specie di lenzuolone a sacco da legare sopra al seno, ce ne sono anche di belli colorati o a fiori sgargianti che di solito si accompagna ad una stuola da portare su una spalla), al copricapo stile turbante e fiori di lime o garabbatì acceso per profumare l’aria… tutto questo serviva a proteggerCi, ad allontanare gli spiriti malvagi e le anime vaganti della foresta, attirate dall’odore della purezza e dell’innocenza del bimbo che portavo in grembo.

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Le donne incinta in Madagascar fanno tutto: remano sulle piroghe, lavorano i campi, portano secchi d’acqua e altri figli sulla schiena, anzi, la loro attività fisica e forza inciderà sul vigore del bambino e sulla facilità del parto… una donna sedentaria e debole, avrà parto difficile. Si dice anche che la bellezza delle donne incinta sia dovuta ai capelli che diventano folti e lucidi e che possa donare fortuna e rigogliosità a ciò che tocca ed essere fortunata lei stessa. La posizione e la forma che assume l’ombelico della donna durante la gravidanza svelerà il sesso del bambino e la sapienza custodita dalle “vecchie” del villaggio non sbaglia mai ad indovinare!!

Quando si avvicina il momento del parto, ogni donna prepara stracci e pezze di indumenti che le serviranno a tamponare i liquidi che perderà, legandole in vita con una corda. La luna piena e l’alta marea determinano l’inizio del travaglio e i giorni della settimana scandiscono l’andamento del parto; il martedi per esempio, ha a che fare con le acque che si rompono prima delle doglie…. e così è stato anche per me!

Soahindy Minà è arrivata di martedi, le piogge notturne di ottobre mi rinfrescavano la pelle mentre scendevo a piedi scalzi dalla collina, la sensazione piacevole del fango caldo ad ogni passo, il mio amico lemure, Tiky, mi ha salutato con un composto “stridolino” dal suo mango preferito, lentamente ho attraversato il selciato ed il villaggio dormiente, la natura e gli animali cospiravano a mio favore, ero un tutt’uno con l’universo, neanche mio marito poteva entrare dentro a questo incanto… era tutto e solo nostro, mio e di mia figlia. La luna era una palla immensa e vicinissima che illuminava a giorno tutta la spiaggia, deserta, silenziosa, le palme da cocco, altissime complici di quella magica intensità e la calma risacca della marea, tanto alta quella sera, sfiorava piano le prime case del villaggio.

Come da tradizione mi sono spogliata di tutto compresi bracciali, orecchini e collane, niente legaccioli affinchè nessun “laccio” trattenesse mia figlia nel momento del suo ingresso nel mondo… sono entrata in acqua, ero felice, leggera, calma e potente come l’abbraccio dell’acqua salata che mi accoglieva. Mio marito stava preparando la piroga per spostarci sull’isola di Nosy Be e proseguire poi verso l’Hopitaly Be di Hell-Ville dove partoriscono la maggior parte delle donne malgasce della zona, poi ci siamo messi a remare, senza dirci niente – l’esserci è presenza, la parola è superflua – l’uomo malgascio è consapevole che non può interferire, solo il rumore del bilanciere a sfiorare l’acqua, qualche tartaruga e i salti dei delfini…

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Soahindy Minà è arrivata poco dopo, veloce, impaziente, forte come la sua Bisnonna (Daddy Be) ultracentenaria ancora vivente, la Regina di Nosy Faly, dalla quale prenderà il nome per onorare la consanguineità e tramandare il Cuore Puro dei Re e delle Regine (Panjaka) – in malgascio “Soa” significa “Bene, Buono, Bello” e “Hindy” significa “Cuore Puro, Incontaminato”, mentre “Minà” tradotto alla lettera suonerebbe come “Scheggia di Bellezza” –

Ci siamo guardati, e subito mio marito è andato a prendere un lenzuolo bianco, ha preso con cura la placenta ancora pulsante, l’ha avvolta nel lenzuolo e riposta in una cesta, stretta al petto, si è voltato e ha iniziato a camminare velocemente verso un luogo segreto che solo lui conosce… si avviava verso la grande prova, l’unica che spetta all’uomo, la stessa che aveva fatto suo padre, suo nonno e il suo bisnonno…. guardando avanti, senza voltarsi mai con lo sguardo dritto e le spalle tese durante tutto il tragitto, non poteva guardare indietro, per nessun motivo al mondo!! Di nascosto, avrebbe poi interrato la placenta in un luogo sicuro, vicino ad un corso d’acqua, al fine di assicurarle linfa e vita… la placenta simbolicamente non si deve “seccare” ma deve continuare a nutrire, in modo che, anche il nutrimento tra madre e figlia possa continuare per tutta la vita.

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Sono passati quattro anni e mentre abbraccio mia figlia sento la forza irruenta del legame che ci unisce, un’energia potentissima e pura che si trasmette da ombelico a ombelico, un nutrimento ricco, abbondante, florido… lo vedo nel suo sorriso, e lo sento nella Madre Terra che ospita ancora le pulsazioni della nostra placenta.”

Se vuoi andare in Madascar da Pamela e Coco, scrivici a info@traveltik.it e ti daremo maggiori dettagli.

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